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E-mail marketing: individuare la giusta frequenza di invio

Qual è la giusta frequenza con la quale inviare le newsletter ai propri abbonati? Chiedere all'utente di scegliere con quale frequenza desideri ricevere le proposte commerciali può risultare addirittura controproducente 

di Salvatore Romagnolo 

L'e-mail gode di ottima salute e pare vivere una seconda giovinezza. Infatti, le strategie di marketing che utilizzano questo strumento di comunicazione continuano a crescere nel numero e nella qualità dei servizi offerti agli utenti. Tuttavia, se è vero che sempre più siti considerano l'e-mail marketing una soluzione efficace per la gestione del rapporto con i clienti, è anche vero che sono molti gli errori che possono minacciare la buona riuscita di una strategia commerciale basata sulla posta elettronica.

Anche i siti di alto profilo spesso commettono alcune ingenuità che vanno ad influire negativamente sulla loro immagine. Spam, marketing virale, "permission marketing" mal interpretato. Gli errori legati all'e-mail marketing risultano decisamente sconvenienti per quei siti che puntano molto sulla fidelizzazione dei clienti. I messaggi commerciali inviati via posta elettronica, infatti, raggiungono direttamente la mailbox dell'utente e possono essere percepiti come intrusivi e fastidiosi. 

Naturalmente, una prima regola nelle strategie di e-mail marketing si basa sul rispetto del "permission marketing", ovvero sull'invio dei messaggi solamente a quegli utenti che abbiano esplicitamente acconsentito a ricevere informazioni commerciali. Sebbene il permesso dei potenziali clienti fornisca la sicurezza che i messaggi commerciali raggiungeranno persone interessate ai prodotti e ai servizi offerti, è necessario affrontare ancora diverse insidie sulla strada che conduce ad una strategia di marketing di successo. 

Una delle trappole più minacciose è rappresentata dalla frequenza di invio dei messaggi di posta elettronica. Il rispetto del "permission marketing" non è sufficiente per mettere al riparo dalle eventuali rinunce all'abbonamento da parte degli utenti. Un cliente può disdire la sottoscrizione per diversi motivi, tra cui il calo di interesse nei confronti delle offerte proposte e il fastidio legato a un eccesso di zelo nella strategia di marketing da parte del mittente. Se il primo è maggiormente legato a fattori di ordine soggettivo, il secondo può risultare di più semplice gestione. 

Non si deve dare per scontato il fatto che l'utente al momento della sottoscrizione abbia tutti gli elementi necessari per valutare in modo accurato la frequenza di invio dei messaggi. Chiedere all'utente di scegliere con quale frequenza desideri ricevere le proposte commerciali può risultare addirittura controproducente. Questo perché gli interessi dell'internauta potrebbero essere limitati nel tempo: in un particolare momento l'utente potrebbe selezionare una frequenza di invio alta, per poi accorgersi, in un secondo momento, di trovare fastidioso il gran numero di e-mail ricevute. 

Uno studio relativo al "permission marketing" effettuato dalla società FloNetwork ha messo in evidenza che la maggior parte dei consumatori americani, messi nella condizione di scegliere la frequenza di invio dei messaggi commerciali, si orienta verso soluzioni che non superano la cadenza settimanale. Quest'ultima, anzi, è scelta in media da un utente su tre. 

Una soluzione efficace potrebbe essere quella di identificare i visitatori del sito commerciale distinguendo innanzitutto tra "bargain hunters" e clienti normali. I primi sono cacciatori di occasioni, continuamente alla ricerca di buoni affari e, pertanto, ben disposti a ricevere proposte commerciali con cadenza quasi quotidiana. Il cliente normale, invece, potrebbe essere infastidito da una frequenza di invio più che settimanale. 

Sicuramente la questione della frequenza di invio dipende anche molto dalla segmentazione del target e dalla capacità di offrire una comunicazione diversificata e costantemente agganciata agli interessi dei clienti. Le indicazioni che giungono dalle ricerche devono essere contestualizzate all'interno dei diversi settori di attività e delle soglie di sopportabilità legate alle diverse fasce di consumatori. 

1 febbraio 2002

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